A sei anni avevo chiaro che in famiglia dovevo rimanere il meno possibile.
Avvertivo spesso un senso di struggimento, di inquietudine, di noia che sentivo un po’ miei, molto miei ma anche rimandatimi dai diversi componenti familiari.
Come potevo stare meglio pur facendo i conti con la mia età?
Al mattino andavo alle elementari e il pomeriggio in una tipografia a fare il “ragazzo di bottega” dove ero ben accolto dai venticinque dipendenti.
Trovai da loro una cura e un’accoglienza come allora sentivo di aver bisogno. Il compenso economico al mio lavoro era poco ma in famiglia era utile e mi faceva sentire un po’ meno dipendente.
Giunto alle medie inferiori incontrai un insegnante di musica non vedente. Chiese in classe se qualcuno di noi poteva leggergli, a casa sua, la “Storia della musica” dei Fabbri Editore.
Potevo uscire di casa al mattino della domenica ed erudirmi un po’ riguardo la musica leggendola al maestro.
Il desiderio di uscire di casa in me continuava.
Frequentai la scuola superiore e nel mese di luglio del 1968 sostenni gli esami di maturità (come si facevano allora: quasi tutti i giorni per tutto il mese) e il giorno 24, giorno in cui non c’erano prove, nacque Lauro, mio figlio.
Dovevo uscire di casa e questo evento mi aiutò. Dopo aver superato un colloquio di selezione, iniziai a lavorare a Pisa in una succursale della Sauzé Parfum di Parigi. Al mattino preparavo profumi e cosmetici facendo alchimie tra fissativi, polveri (ombretti), creme, alla ricerca della “pietra filosofale” e il pomeriggio ero il capo reparto di molte operaie.
Pur essendo il loro “capo”, avevo stabilito con le quaranta donne con cui lavoravo, un ottimo rapporto.
Avevo meno di venti anni, ero soddisfatto.
Dopo solo diciotto mesi, si diceva che la ditta stava per fallire.
Mi affacciai di fronte a via Bonanno, sede della ditta, e trovai la Facoltà di Chimica e scoprì che c’era un concorso per un perito chimico presso l’E.T.H. di Zurigo.
Vinsi e partii. Ci trascorsi tre splendidi anni. La mia famiglia era con me ma per gli struggenti e discutibili (non allora) affetti familiari desideravo tornare vicino ai miei genitori, alle nonne, ai fratelli, alle zie…
Vinsi un concorso a Chimica Fisica dell’Università di Pisa; da allora iniziò la mia vera ricerca interiore.
Le aspettative naufragarono veloci dopo l’impatto con l’ambiente di lavoro pisano. Lo splendore del Politecnico zurighese poteva solo assurgere a ricordo. Inoltre da un milione e trecento mila lire al mese, il mio stipendio a Zurigo, passai a novantanove mila lire al mese.
La crisi fu economica e psichica. Scoprii che i familiari erano altro rispetto alle idealizzazioni che avevo alimentato a Zurigo.
I miei parenti di origine erano brave persone, oneste, affettuose ma certo non bastava… e capii che la mia inquietudine dipendeva solo da me, dal mio vissuto, dal mio mondo interno.
Avevo mia moglie e mio figlio che mi davano molto e di questo ero ben soddisfatto ma non bastava. Cercavo altro, non sapevo che cosa, ma altro.
Da lì a poco iniziai il mio primo percorso analitico freudiano a Pian dei Giullari sopra Firenze. Il ritmo era di tre sedute settimanali e l’’approccio era freudiano ortodosso.
Con pochi anni conclusi il percorso e la mia analista, la Dott.ssa Vivie Benaim, salutandomi, mi suggerì di fare a mia volta l’analista.
Stavo bene, ero soddisfatto del mio lavoro, dei miei studi e della mia famiglia. Nel frattempo mi laureai in Scienze Biologiche e iniziai la scuola di specializzazione in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Siena.
Solo dopo alcuni anni (avevo circa 30 anni) ripensai alla proposta della mia analista. Mi allettava il pensiero di continuare a cercare dentro di me “altre cose”, aiutato da un analista senior, per un percorso di vita che avesse un senso e maggior chiarezza riguardo le mie parti affettiva, creativa e spirituale.
Mi affacciai a più analisti ma mi piacque particolarmente uno junghiano di Lucca e con lui iniziai il mio primo percorso junghiano che proseguii e si concluse, burocraticamente, con la fine del corso di formazione per psicoanalisti all’AIPA di Roma.
Già a partire dal primo percorso Junghiano ebbi modo di lavorare con il dolce quanto direttivo Barrie Simmons (Gestalt), con la cara Dora Kalff (allieva di Carl Gustav Jung), con il bravo Paul Watzlawick (teoria strategico relazionale), con Willy Pasini e Roberta Giommi (di nuovo cognitivismo per la coppia e la famiglia), e con gli amici e grandi psicosomatisti Carlo Brutti e Rita Parlani (neofreudiani: metodo Patobiografico di Luis Chiozza) e con Ghesce Ciampa Ghiatso (per la Mindfullness) che chiamavo affettuosamente “ghesce-la”.
Da oltre trenta anni lavoro a Livorno e “mi diverto” ad ascoltare, a seguire, a vedere il cambiamento in tante persone (che ringrazio).